Pubblichiamo la quinta parte dell’articolo “Le Tappe Fondamentali del Purna Yoga di Sri Aurobindo”, a cura di Roberto Maria Sassone. Buona lettura.
LA CONSACRAZIONE DI SÉ
32) “Per ognuno si modella secondo la natura e le circostanze una sua particolare chiamata. Ma in qualunque modo ciò avvenga, l’evento deve essere seguito da una decisione della mente e della volontà e, conseguentemente, da una consacrazione vera e integrale di se stessi.”
Stiamo parlando del dono di sé al Divino, dell’offerta di sé, del ‘sia fatta la tua volontà’.
” La semplice idea o la pura ricerca intellettuale del fine superiore, per quanto intenso possa essere l’interesse che suscita nella mente, rimane inefficace se non viene assunta dal cuore, divenendone l’unico desiderio, e dalla volontà quale unico vero fine”. Pag. 67
Una volta che la scelta di consacrarsi al Divino viene compiuta, “I piedi sono già sul sentiero, anche se in un primo tempo sembrano errare con incertezza, ed anche se il sentiero non è visto che oscuramente e la conoscenza del punto d’arrivo è imperfetta. Il maestro segreto, la guida interiore è già all’opera, anche se non si manifesta al suo veicolo umano”.
“Può essere necessario un lungo periodo di preparazione prima che si arrivi alla consacrazione”.
“Possono aversi dei progressi, dei grandi sforzi, ma talvolta (…) o la vita passerà senza mai uscire dagli stadi preparatori, o dopo raggiunto un certo stadio, la mente non spinta da sufficiente forza dinamica (quella del Cuore), s’arresterà soddisfatta al limite dello sforzo di cui è capace. Potrà anche indietreggiare, cioè avere una caduta fuori dal sentiero.” pag. 68
“Però anche questo yoga imperfetto non è sprecato, perché nessuno sforzo verso l’alto viene fatto invano. Anche se nel momento fallisce (…) l’avvenire dell’anima è tuttavia deciso“.
Quella parte di cammini resta nell’esperienza dell’anima e sarà un impulso per la successiva incarnazione.
33) “Il dono integrale di se stessi è essenziale. il segreto del successo nello yoga integrale risiede nel considerarlo, non come uno degli scopi da perseguire nella vita, ma come la vita stessa“. Pag. 69
“La vita è il campo di una divina presenza non ancora pienamente realizzata e qui, in questa vita, in questa terra, in questi nostri corpi (…) occorre togliere il velo alla divinità; è qui che dobbiamo svelarne la grandezza, la luce e la trascendentale dolcezza”. Pag. 71
34) “Per l’uomo ordinario che si limita alla superficie del suo essere, ignorante delle sue profondità (…) l’esistenza psicologica è relativamente semplice. Un piccolo ma rumoroso coacervo di desideri, qualche bisogno intellettuale ed estetico, talune preferenza, qualche ideale dominante in una turbinosa corrente di pensieri sconnessi e, nella maggior parte dei casi, volgari, un certo numero di esigenze vitali più o meno imperiose, un alternarsi di stati di salute e di malattie, un seguito disordinato di gioie e di pene, di turbamenti e di vicissitudini rapide e leggere, e di sconvolgimenti e ribellioni della mente e del corpo (…) Questa è l’esistenza umana normale, poiché interiormente l’uomo attuale è altrettanto deludente e rudimentale come lo era esteriormente l’uomo primitivo”.
“Ci accorgiamo allora che di essere composti non di una, ma di molte personalità e che ciascuna di esse ha le proprie esigenze (…) Il nostro essere è un caos nel quale resta ancora da introdurre un ordine divino”. Pag. 72
“La nostra mente è solo una macchina registratrice. Riceve, amplifica e modifica il flusso ininterrotto ed esterno dei più disparati materiali che si riversano su di essa (…) Più della metà dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti non ci appartiene, nel senso che essi prendono già forma fuori di noi (…) Ma la maggioranza proviene (…) da altri piani e dai loro esseri con i loro poteri ed il loro influsso, perché siamo premuti e circondati da altri piani di coscienza, mentali, vitali, sottili. Pag 72-73
Questi brani ci mostrano una verità psicologica ed esistenziale che è descritta in ogni testo sacro, mettendo in evidenza l’illusorietà della nostra identità di facciata e della nostra libertà di scelta. Finché non c’è un inizio di risveglio la nostra vita è meccanica e subisce influssi di cui non ci rendiamo conto.
Ci vuole “l’energica attività del guerriero divino“.
35) “La concentrazione, in verità, è la prima condizione di ogni yoga, ma deve essere una concentrazione aperta a tutto ciò che appartiene allo yoga integrale” ovvero deve essere estesa ad ogni aspetto della propria personalità, della nostra azione e della vita intera.
“Una più ampia apertura, una concentrazione armoniosa dell’essere, con tutte le sue parti e potenzialità, sull’Uno che è il tutto (…) tale ampia e concentrata totalità è il carattere essenziale della sadhana, ed è questo che deve determinarne la pratica”.
Dobbiamo quindi, non soltanto concentrarci su ogni aspetto di noi stessi per poterlo vedere con chiarezza, ma anche che ogni nostra funzione si orienti verso il Divino. Bisogna concentrarsi sul Divino con il corpo, con le e mozioni e con la mente. Ma per ottenere ciò “deve aggrapparsi a qualche appiglio, a qualche potente leva del complicato meccanismo (…) per dirigerla verso la meta che si propone”.
L’aspirazione e la volontà sono mezzi atti ad ottenere questo risultato, a patto però che siano sostenuti “dalla più profonda anima in lui, l’essere psichico, a sostituire la dominazione della forza vitale e dei sensi, che chiamiamo desiderio”. Il desiderio, sotto l’egida dell’essere psichico, si trasforma in Aspirazione del Cuore.
“L’elemento mentale superiore e l’elemento psichico sono i punti d’appoggio della natura umana sui quali il Divino può far leva”. Pag. 75
Ricordiamo che psichico non vuol dire psicologico. L’essere psichico è la scintilla divina che si sviluppa nell’anima che inizia a risvegliarsi. Lo psicologico invece attiene il comportamento umano, la struttura della personalità e fa parte della psicologia.
36) “Il punto di partenza del nostro yoga sarà dunque la concentrazione di un pensiero, di una volontà e di un cuore illuminati e rivolti in perfetta unione verso il grande ed unico scopo della nostra conoscenza, l’unica sorgente luminosa ed infinita della nostra azione, l’unico oggetto imperituro della nostra emozione” : IL DIVINO.
“Una concentrazione del pensiero (…) sul contatto e sulla realizzazione dell’Uno divino. (…) Una concentrazione appassionata del cuore sul Tutto e sull’Eterno (…) Una concentrazione forte ed immobile della volontà per la conquista del Divino”.
“Questa è la triplice via dello yoga”. Pag. 77
Pensiero, cuore, volontà, sorretti dall’essere psichico, e messi al servizio del Divino. Qui troviamo espressi chiaramente i requisiti del Purnayoga, per cui si tratta adesso di trovare gli strumenti che rendano attiva la nostra sadhana su questi fronti. L’attenzione consapevole, la meditazione, come la vipassana o lo zen, con le sue pratiche di disidentificazione dalle strutture egoiche di mente-cuore, o altre pratiche affini, la Bakti (la devozione), la metta (la benevolenza), la concentrazione sul Cuore segreto, la preghiera, l’invocazione, l’azione volta al Bene (retta azione), la crescita della coscienza del corpo ed altri metodi affini alla nostra indole, come l’hatha yoga o le pratiche bioenergetiche.
37) “Lo yoga sarebbe impossibile, al di fuori di una ristretta cerchia, se la forma intellettuale (…) fosse una condizione indispensabile (…) Tutto ciò che la luce superiore ci chiede, per incominciare il suo lavoro, è un appello dell’anima ed una base di appoggio mentale sufficiente”. Pag. 77
“Se nelle profondità dell’essere esiste un’assoluta consacrazione di sé, se c’è un risveglio al richiamo dell’anima (…) il Divino si riconosce nel cuore di chi lo cerca e ne accetta il sacrificio”.
“Il cuore deve possedere un’aspirazione sufficientemente vasta perché la realizzazione risulti senza limiti ristretti”. Pag. 78
In diverse parti della sua opera Sri Aurobindo insiste sulla potenza dell’aspirazione del cuore come propulsore del Purna Yoga.
38) Questo passo è particolarmente significativo perché mostra come sia rivoluzionario il Purna Yoga. Il desiderio è sempre stato considerato esclusivamente un ostacolo nella via spirituale, ma con questa nuova ottica possiamo comprendere che all’inizio del percorso possiamo adoperare ogni nostra funzione naturale, ovviamente per trasformarla ed orientarla verso il Divino.
“L’elemento inferiore del desiderio dovrà naturalmente partecipare ad ogni tentativo d’ascesa (…) Questa forza vitale piena di appetiti, quest’anima del desiderio in noi deve essere accettata nei primi tempi della sadhana, solamente per essere trasformata. Pag. 79
“(Il desiderio) non deve più insistere, come la volontà separata fa sempre, sul proprio sogno e sulla propria idea (…) Così educato il desiderio, questo grande tormentatore (…) sarà pronto ad essere trasformato nella sua figura divina. Anche il desiderio e la passione hanno le loro forme divine….”
“L’opera non può essere veramente portata a termine se non quando lo strumento, consacrato e perfezionato, sia divenuto idoneo ad un’azione non egoistica: e ciò potrà veramente avvenire quando saranno aboliti, non l’individuo liberato, ma il desiderio e l’egoismo personali, perché l’abolizione del piccolo ego non sopprime la vera persona spirituale…” Pag 80
Articolo di Roberto Maria Sassone
Foto di Manohar Luigi Fedele